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Chiesa di San Fabiano e San Sebastiano

Celledizzo

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La chiesa, dedicata ai Santi Fabiano e Sebastiano, si innalza ai margini del centro abitato di Celledizzo e domina dal poggio ricavato per ospitarla, le vecchie case del paese ed il fondovalle.

Un portale introduce nel sagrato, delimitato verso valle da un muraglione e verso ovest dal cimitero che un tempo circondava tutta la chiesa. Staccato dalla chiesa si alza il campanile a torre, con accanto la piccola cappella di Sant’Antonio.

Le prime notizie sono del 1320, ma, come sostengono Weber e Ciccolini, ha origini più antiche e fu la chiesa matrice di tutte le cappelle della Val di Pejo. Fu ricostruita intorno al 1500: un brano dipinto con una scritta confermerebbe che già a quell’epoca la chiesa era affrescata. La visita del 1617 ordinò di restaurare la Madonna dipinta sul muro e di prolungare, entro tre anni, la navata verso l’ingresso principale.  All’inizio del 1800 fu ampliato il presbiterio e costruita la nuova sagrestia: nel 1894 (data presente sulla porta) si eresse, in sostituzione dell’antico, il campanile a torre con balaustra e bizzarri pinnacoli sommitali.

L’esterno della chiesa fu più volte rinnovato. Rimane però, tra il portale laterale e la sagrestia, la bella edicola in pietra, scolpita con delicati motivi decorativi a rosetta, palmette e vasi con rameggi floreali che rivelano il permanere del gusto romanico e gotico in una composizione ispirata alle nuove sollecitazioni rinascimentali. Questa, secondo N. Rasmo, fu erroneamente ritenuta del XIV secolo, mentre è da attribuirsi alle maestranze di provenienza lombarda che lavorarono in Val di Sole intorno alla fine del 1400 e lasciarono a Cogolo un’analoga testimonianza. Nella nicchia centrale era collocata, prima della sua trafugazione, una bella statua lignea del XVI secolo, raffigurante la Madonna con il Bambino; nel timpano superiore l’immagine del Padre Eterno che fu dipinta nel 1823 da un Cometti. Visibili sono poi, sulla parete absidale, le tracce di una meridiana ad affresco.

L’interno è a navata unica, suddivisa in tre campate, coperte da volte con costoloni. Le pitture che decorano il presbiterio sono di Stefano Salvetti da Breno che le eseguì nel 1914.

La chiesa accoglie quattro altari: il maggiore, costruito nel 1806, è in marmo policromo, mentre le quattro ancore degli antichi altari sono di legno dorato ed intagliato. Queste ultime, testimonianze significative della produzione altaristica solandra del XVII e del XVIII secolo, sono state purtroppo private in seguito alle trafugazioni del 1979, di gran parte delle decorazioni, delle sculture e dei dipinti che le onoravano.

Addossata alla parete absidale vi è l’ancona dell’antico altare maggiore, realizzata da Simone Lenner nel 1628, come testimonia la data mimetizzata tra le decorazioni del fregio. Weber riferisce che Pietro Antonio Alberti da Bormio la dorò tra il 1636 e il 1637 e che nel 1648 vi intervenne anche Giambattista Bezzi. Al centro dell’ancona vi è una bella pala del 1628 rappresentante la Madonna in gloria tra gli angeli ed i Santi Fabiano e Sebastiano, titolari della chiesa. Le due ancore, di più semplice fattura, collocate in prossimità del presbiterio, sono attribuite alla mano lenneriana e databili ai primi decenni del 1600 (T. Leonardi, 1974). Le due ancore incorniciavano, prima del 1979, due pale raffiguranti il battesimo di Cristo e la Madonna del Rosario. Il quarto altare, privato della sua mensa, ha l’ancona e l’antipendio appoggiati in una nicchia della parete laterale sinistra. Accoglie, al centro, una pala raffigurante l’Addolorata con in grembo Gesù morto, compianto dalle pie donne e i misteri dolorosi attorno. Weber afferma che tale dipinto fu attribuito alla scuola degli Unterperger. Sulla cornice dell’ancona è leggibile l’iscrizione “Victoria amoris D.co B.zi D.io – non plus ultra 1719” che la Leonardi ha così interpretato: “La Vittoria dell’Amore (di Dio), Domenico Bezzi di Giandomenico il meglio che si potesse ottenere 1719”.

Pregevole è la Via Crucis dipinta da Giuseppe Graffonara.