La chiesa, dedicata ai Santi Giorgio e Lazzaro, sorge nel centro dell’abitato di Peio Paese in posizione elevata, stretta tra le case e le anguste strade che percorrono il paese. Peio, abbarbicato lungo le ripide pendici del Monte Vioz, costituisce uno degli insediamenti permanenti più alti del Trentino (1.584 m. s.l.m.); in passato fu centro importante dell’industria mineraria. Questa attività determinò una forte immigrazione e favorì contatti commerciali e scambi culturali con le terre limitrofe, soprattutto con la Lombardia.
Una pergamena dell’archivio parrocchiale di Termenago attesta che nel 1380 Peio aveva un cappellano: nel 1384 la chiesa fu eretta a curazia; nel 1481 ebbe il fonte battesimale ed un sacerdote stabile. La chiesa primitiva fu demolita nella prima metà del ‘400 e ad essa forse appartiene l’architrave del portale dell’attuale ingresso laterale se la data che A. Siber lesse nel 1897 fosse 1252 e non 1535 come altri ritengono.
L’attuale struttura è da riferire alla ricostruzione avvenuta, sul medesimo sito, intorno alla fine del ‘400. Successivi ampliamenti e rifacimenti ne modificarono l’aspetto originario. Nel 1595, infatti, fu aggiunto il corpo della sagrestia. Nel 1617 il vescovo suffraganeo P. Belli ordinò di coprire gli affreschi, di ampliare la chiesa e di rifare il presbiterio in proporzione agli ingrandimenti previsti. In ottemperanza a tali prescrizioni tra il 1620 e il 1624 si prolungò la chiesa di una campata e si aggiunse una navata più piccola di quella già esistente. Sopra la meridiana dipinta sul muro esterno del presbiterio vi era un’iscrizione che ricordava tali interventi. La cappella laterale sinistra, dedicata a Sant’Antonio di Padova e progettata da Don A.Rigo de Righis, fu eretta nel 1684. Negli anni 1830, 1848 e 1855 furono eseguite opere di risanamento e miglioria; nel 1884 si abbassò il piano delle navate, lasciando inalterati quelli del presbiterio e della cappella laterale. Nel 1922 si consolidarono le murature e le fondazioni e si restaurò tutto l’edificio. Nel 1964 si demolirono la cantoria e la sagrestia che fu riedificata sul lato opposto della chiesa. L’edificio venne così ad assumere un aspetto articolato ed irregolare.
All’esterno finestre a semicerchio si aprono nelle pareti in corrispondenza delle navate; bifore gotiche ed un’apertura rotonda illuminano il presbiterio e l’abside. Nella specchiatura della lunetta della porta laterale destra è dipinta una Pietà; sulla stessa parete un affresco rappresenta Cristo in croce.
A lato della chiesa, ma staccato da essa, vi è l’alto campanile concluso da una cuspide piramidale e provvisto, in corrispondenza della cella campanaria, di grandi aperture che sostituirono nel 1850 le originali bifore. Il campanile fu costruito tra il 1480 e il 1483 dai maestri muratori Antonio fu Giacomo da Menaso di Como e Antonio fu Bartolomeo di Viù. La pergamena n°188 del 17 settembre 1480, pubblicata da Ciccolini, informa dell’accordo intercorso tra i maestri muratori ed i regolani della comunità di Peio.
La parete meridionale era completamente decorata con affreschi: ormai illeggibile è la figura (la Morte o Saturno), reggente la clessidra nella mano sinistra e la falce nella destra, che stava sopra la grandiosa immagine di San Cristoforo, eseguita, come afferma N. Rasmo, dai fratelli Giovanni e Battista Baschenis pochi anni dopo la costruzione del campanile. A fianco del santo sono raffigurati, sulla sinistra, i busti di San Gregorio papa e di San Girolamo, sulla destra quelli di Sant’Agostino e di Sant’Ambrogio. Sopra i medaglioni sono dipinti i blasoni della famiglia Hinderbach e Caldesio; in basso le immagini della virtù e del vizio.
L’interno si presenta a due navate separate da colonne in pietra; le campate sono coperte da volte reticolari con cordonature in pietra grigia nella zona più antica e da volte a crociera in corrispondenza degli ampliamenti. L’abside poligonale è arricchita da una volta reticolare con nervature in pietra. Le decorazioni pittoriche, che in parte rimangono sulle pareti del presbiterio, furono eseguite nel 1709 dai pittori Dalla Torre di Mezzana. Accanto all’arco santo è visibile un piccolo brano di affresco, forse dei Baschenis.
La chiesa possiede cinque altari. Il maggiore fu realizzato in marmo nel XVIII secolo. Sulla parete absidale si può ammirare l’ancona lignea finemente intagliata, opera, secondo la Leonardi, di Simone Lenner, dorata e policromata da Stefano Brentana da Brescia negli anni 1642-43. Essa accoglie in un supporto barocco, ricco di motivi ornamentali di gusto raffinato, i resti di un altare tardo-gotico. Nello scrigno centrale vi sono le statue della Madonna col Bambino, San Giorgio con il drago e San Giovanni Battista con l’agnello: le nicchie sottostanti ospitano busti di santi; ai lati, tra colonne finemente lavorate, quattro formelle narrano la leggenda del santo titolare.
Simili nell’impostazione compositiva e nell’esecuzione accurata sono le due ancone lignee degli altari laterali, posti a ridosso del presbiterio. Entrambi sono attribuiti allo scultore G.B. Ramus. Quella di destra, dedicata alla Madonna del Rosario ed indorata nel 1632 da Simone Alberti da Bormio, accoglieva, nella specchiatura centrale, la pala del Rosario, sostituita da una statua della Madonna con il Bambino. L’ancona di sinistra, intitolata a San Carlo Borromeo ed indorata nel 1633 da Pietro Alberti da Bormio, incornicia una pala rappresentante San Carlo Borromeo e San Luigi Gonzaga.
Di grandiose dimensioni è l’ancona dell’altare, intagliato, dorato e policromo, della cappella laterale di Sant’Antonio. Sulla poderosa struttura architettonica si sovrappone una splendida ornamentazione, ricca di motivi decorativi. Nella nicchia centrale è custodita la statua del santo titolare; nelle mensole laterali poggiano quelle dei Santi Sebastiano e Rocco; in mezzo al timpano spezzato domina la figura dell’Immacolata; sui timpani ricurvi vi sono le effigi dei Santi Pietro e Paolo. Un’iscrizione “G.B. 1733 S.F.”, interpretata dalla Leonardi in “Giovanni Battista Sonna fece nel 1733”, si riferisce forse al tabernacolo, oggi non più visibile, che questo artista scolpì per l’altare. L’ancona è attribuita dalla Leonardi agli intagliatori Bezzi, in particolare a Domenico, che lavorò nel 1686 alla realizzazione del pulpito della chiesa.
Originale nella sua singolare composizione e bizzarro nella sua ricca decorazione è l’altare, detto dei Disciplini, addossato alla parete laterale destra. Realizzato forse da maestranze tedesche, o di scuola tedesca, nella prima metà del ‘700, accoglie, in una ricca cornice di foglie, grappoli, putti e fiori, la scena della Passione di Cristo.
Degno di particolare nota è il pulpito eseguito da Domenico Bezzi nel 1686, decorato da riquadri scolpiti con le figure del santo titolare e degli Evangelisti.
Infine completano l’arredo della chiesa i magnifici stalli e le porte del coro, scolpiti da un abile e raffinato intagliatore.